06/11/2009 "Nel nome di Eva la rivolta dei ciclisti urbani"

Nel nome di Eva la rivoltadei ciclisti urbani
Tornava a casa dal lavoro in bici, uccisa a Roma ai Fori Imperiali. Una fiaccolata e proteste. "Il 40% delle vittime della strada non è in auto"
di CECILIA GENTILE
ROMA - L'ultima si chiamava Eva, tornava in bici a casa. Investita da un taxi ai Fori Imperiali. Nel suo nome, è partito un
tam-tam via web. Bisogna ricordarla e fare il modo che non sia morta invano. Una fiaccolata che diventa una forma di pressione. In Italia muoiono 352 ciclisti all'anno, quasi uno al giorno. Chi prende la bicicletta per spostarsi in città rischia la vita. Non basta che faccia un favore ai concittadini liberando spazio prezioso dalle auto e muovendosi a inquinamento zero. Paga la sua scelta con un'esposizione costante al pericolo. Pedoni e ciclisti costituiscono il 40% del totale delle vittime per incidenti stradali in città. Un dato che ci discosta anni luce dall' Europa, dove la percentuale è del 20%. "E non è colpa del ciclista - dichiara Edoardo Galatola, responsabile della Sicurezza per la Fiab, la Federazione italiana amici della bicicletta - Chi va in bicicletta muore per la velocità incontrollata delle macchine. E' la velocità il grande problema degli spazi urbani, non ci sono regole adeguate né controlli". Oggi a Roma, ciclisti, ma non solo, manifestano con una fiaccolata ai Fori Imperiali per ricordare Eva Bohdalova, 28 anni. Travolta e uccisa nella notte tra il 29 e il 30 ottobre mentre tornava a casa dal lavoro in bicicletta. "Vogliamo giustizia e verità", dice il tam tam dei blogger e delle associazioni, che tornano a chiedere "misure non più rinviabili per la sicurezza di ciclisti e pedoni". "I ciclisti, come i pedoni - dice Eugenio Galli, presidente di Fiab-Ciclobby di Milano - sono poco più che degli ospiti nel paesaggio urbano, dove esistono solo le macchine. Le auto occupano spazi che non competono loro: scivoli per disabili, piste ciclabili, marciapiedi, spazi pedonali. Investono i ciclisti alle spalle, come sembra sia successo ad Eva. E l'investimento alle spalle non si può proprio evitare.
Però si possono prendere delle precauzioni, come luci e gilet catarifrangenti. Ma il grande problema è quello del ripristino delle regole, che vuol dire rispetto dell'utenza debole: ciclisti, pedoni, anziani, bambini. In città non c'è più spazio per loro". Altre cifre: 14.535 ciclisti feriti nel 2007, 20.525 pedoni. "E stiamo attenti - aggiunge Paolo Bellino, uno dei più attivi nella rete delle ciclofficine romane e di critical mass - quest'emergenza non si risolve con le piste ciclabili. Le macchine devono prima di tutto rallentare, devono dare spazio alle biciclette, che sono una componente del traffico urbano". "Ci vuole un mix di provvedimenti - riprende Galatola - zone a velocità 30, interventi di moderazione del traffico e percorsi ciclabili. Dove la velocità supera i 30 chilometri all'ora serve una separazione dei flussi". In Italia la percentuale degli spostamenti in bicicletta è ferma al 4%. In Olanda è del 25%. La carta europea della mobilità sostenibile prescrive alle città di raggiungere almeno la quota del 15% sul totale degli spostamenti. E c'è una ragione. "Se si arriva al 15% gli incidenti in bicicletta cominciano a decrescere - spiega Galatola - perché le macchine si abituano alla loro presenza in strada e il regime di velocità cambia". È un po' il principio di Critical Mass, la massa critica dei ciclisti che una volta al mese pedala in città: "Noi non blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico".
Fonte: da Repubblica.it

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