17/12/2009 "A Lavinio e Anzio i corsi di lingua favoriscono l'integrazione degli immigrati"

di Luca Monaco
ROMA (17 dicembre) - Il negozio di prodotti tipici bengalesi di Kamlesh è proprio di fronte alla sede della polizia provinciale di Lavinio. Qui, grazie al progetto di formazione integrata Lc2 (lingua, cultura, computer), il commerciante è riuscito a migliorare considerevolmente il proprio italiano, elemento fondamentale per comunicare efficacemente con la clientela. Grazie allo stesso corso anche Narinder Palsing, bengalese di 28 anni, parla molto meglio, sa utilizzare adeguatamente i tempi verbali, e questo gli ha permesso di abbandonare il lavoro nei campi per darsi alle pulizie domestiche. «Prima non mi volevano, perché non parlavo quasi», dice. Sono alcuni dei risultati raggiunti grazie al progetto per l’integrazione Lc2 condotto ad Anzio e Lavinio dalla Fondazione mondo digitale, con la partecipazione della provincia di Roma e del dipartimento per le libertà civili del ministero dell’Interno. Nove paesi in aula, per un totale di 54 partecipanti a cui sono state impartite, per un totale di 60 ore di lezione in sei mesi (da settembre a dicembre), italiano, educazione civica e informatica. Mercoledì mattina, nella sede della polizia provinciale di Lavinio, si è svolta la celebrazione di fine corso, alla presenza dell’assessore alle Politiche per la sicurezza della provincia di Roma, Ezio Paluzzi, e Nadia Minati, direttore dei Servizi civili per l’immigrazione del ministero dell’Interno.Sul finire della conferenza stampa, sono stati proprio gli “alunni” a raccontarsi. E Narinder, in Italia da quando aveva 20 anni, dispiaciuto per la conclusione dell’ esperienza ha chiesto, come tutti gli altri, di attivare nuovi corsi.: «Solo con la cultura può esserci integrazione». Atterrato a Roma dal Punjab, Narinder è subito andato a Lavinio: «Mi dissero che lì c’era lavoro». Così per sei anni si è spezzato la schiena nei campi dell’agro pontino: «Lavoravamo 10 ore al giorno, per soli 20 euro», racconta un po’ imbarazzato. «L’inizio è stato terribile: non conoscevo nulla e nessuno, non parlavo e non capivo l’italiano». Adesso che il peggio è passato, Narinder parla fluentemente, utilizza modi e tempi quasi perfettamente, lavora come domestico e guadagna il giusto. Ma la soddisfazione per i risultati ottenuti è visibile anche negli occhi scuri di Raheela Zaheer, pakistana. E’ quasi commossa quando legge la sua lettera di ringraziamento ai docenti. «Io, che in pakistan mi sono laureata in biologia botanica, sei mesi fa non scrivevo neppure una parola in italiano. Grazie a questo corso ci sono riuscita. E adesso spero di trovare un altro lavoro, per mettere le mie conoscenze a disposizione di quella che dopo otto anni considero la mia seconda patria». Mezz’ora dopo, Renata Consta, 23 anni, brasiliana, in Italia da soli 6 mesi, ordina senza problemi una spremuta d’arancia al bar poco distante: «Vedi? Senza questo corso non avrei potuto. Quando sono arrivata ci provavo, ma non mi capiva nessuno».

Fonte: Il Messaggero.it

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