14/04/12 "La tua famiglia che era straniera" Un premio per le seconde generazioni

Assegnati i premi per il concorso "Figli di tante patrie", indetto dal servizio intercultura delle biblioteche di Roma con premi dell'agenzia Viaggi nel mondo: il racconto di ragazzi e giovani arrivati in Italia giovanissimi, da emigranti, o nati qui.


I suoi genitori "la chiamarono con l'unico nome che conoscevano", Sara Robabeh Djelveh: 27 anni, è la figlia di Sayyd, un commerciante iraniano, nato a Rash negli anni '50 e sbarcato a Roma 30 anni dopo per amore di una donna italiana conosciuta per le strade di Londra. Delle origini di suo padre Sara porta i tratti sul viso, negli occhi grandi e scuri, che ieri per un attimo si sono fatti più lucenti del solito quando nel teatro della biblioteca comunale del Quarticciolo ha ricevuto il primo premio di "Figli di tante patrie, le seconde generazioni raccontano le prime": il concorso indetto dal servizio intercultura delle biblioteche di Roma in collaborazione con l'agenzia Viaggi nel mondo, che ha fornito i premi.
Ora che ha un biglietto aereo in tasca Sara tornerà in Iran, nella terra del padre "che avevo visitato tanti anni fa - ricorda - quando ero molto piccola: ma non so ancora quando ci andrò". Perché, ottenuta con il pieno dei voti la laurea in Scienze politiche, Sara ha lasciato Pomezia. dove abita con la famiglia, ed è partita per uno stage alla Commissione europea di Bruxelles. Ed è proprio da lì che alcune settimane fa ha annunciato al padre la vittoria del concorso: il suo scritto è risultato il migliore tra i 30 inviati alla commissione.
"Ma non solo testi - spiega Gabriella Sanna, del servizio intercultura delle biblioteche di Roma - ci sono pervenute anche tante fotografie, oltre ai video: i tre strumenti attraverso i quali gli italiani di seconda generazione potevano raccontare l'esperienza dei loro genitori". In Italia lo status dei figli di immigrati è legato alla condizione dei genitori: se i padri ottengono la cittadinanza (compiuti dieci anni di residenza legale) questa si trasmette anche ai figli. Altrimenti bisogna aspettare di diventare maggiorenni. "Lo spirito del concorso è legato proprio a questo aspetto - aggiunge Sanna - è ora di estendere il diritto di cittadinanza anche ai figli degli stranieri che non sono nati in Italia, ma che in molti casi vi sono arrivati da piccolissimi, crescendo qui e assorbendo la nostra cultura".
Se Sara nel suo testo immagina il padre camminare per la prima volta "per le vie di Pomezia, sentendosi diverso tra gli uguali, forestiero tra i paesani, extracomunitario tra gli indigeni", Ashai Arop, una ballerina di 31 anni nata in Italia da padre africano e madre italiana, nel suo racconto premiato come secondo classificato dice: "Nel 1990 non mi sfiorava minimamente l'idea che nel 2010 sarei potuta essere una specie di moda: adesso come si parla di dialetti e tradizioni si parla di meticci e seconde generazioni. Sono un caso, da studiare a scuola!".
Veronica Orfalian, 31 anni, la terza classificata, ha ripercorso la storia della diaspora armena: "Quando mio nonno morì - scrive - ripensai a ciò che aveva fatto e capii che nel mio cognome era conservata la storia della mia famiglia. Allora un giorno chiamai mio padre distogliendolo dalla lettura, lo presi dolcemente per mano e gli chiesi: 'Scendiamo le scale contandole in armeno?'. Sorridendomi raccolse il mio invito, e insieme cominciamo a contare pian piano: 'Meg, yergù, yerék...' ".


Fonte:repubblica.it

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